Attività gen - 20 - 2016

Il “NO” al lavoro li ha resi liberi
Mercoledì 20 gennaio 2016
ore 16:00 – 19:00

Biblioteca del Senato
“Giovanni Spadolini”
Sala degli Atti Parlamentari
Piazza della Minerva, 38 – Roma


locandingInternati militari italiani: Paolo Desana e i 360 di Colonia. Una lezione contro il disumanesimo rivolta al futuro dell’umanità

Roma, 21 gennaio 2016. “Il NO! al lavoro li ha resi liberi. Il caso dei 360 Internati militari italiani a Colonia. Paolo Desana” è il tema dell’incontro che si è tenuto ieri presso la Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini” – Sala degli Atti Parlamentari (Piazza della Minerva, 38 – Roma) organizzato dall’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia (Anrp) per fare luce su un episodio poco noto che ha caratterizzato l’esperienza di 360 militari italiani internati nel lager AK 96 della Glanzstoff di Colonia, durante la Seconda Guerra mondiale.

A partire da uno scritto curato proprio da uno dei reduci di questo gruppo: Paolo Desana – ex tenente piemontese che già in quella tarda estate del 1944 era diventato il punto di riferimento dei 360 di Colonia e, succesivamente, del KZ di Unterlüss – storici ed esperti hanno dibattuto sul tema degli Imi e del loro No! al lavoro. Divenuto Senatore della Repubblica nell’Italia liberata, il nome di Desana è ancora oggi associato alla legge del 1963 delle DOC dei vini.

“Questi uomini ebbero il coraggio di opporsi, in nome dei loro alti ideali, all’arruolamento nell’esercito nazista e in quello della Repubblica Sociale. Ma dissero No! anche alla civilizzazione, ossia al lavoro volontario prestato in abiti civili, ponendo in atto una forma di resistenza di estremo valore ideale, perchè condotta in nome della propria dignità di uomini e di soldati. Un No! che li rese moralmente liberi. E’ anche grazie ad atti di così alto valore morale che si sono affermati i valori di libertà e di giustizia che sono oggi alla base della nostra vita civile e democratica” ha sottolineato il Presidente del Senato Pietro Grasso nel suo messaggio inviato all’Anrp.

Andrea Desana, figlio dell’ex tenente piemontese, ha ricordato come il padre, l’anziano del lager di Colonia, negli ultimi mesi della sua vita gli abbia parlato “sempre e soltanto della sua esperienza dei lager, di tanti avvenimenti e situazioni, come se volesse concentrare nel poco tempo che si rendeva conto di avere ancora a disposizione tutto ciò che sapeva e che aveva elaborato anche dal punto di vista storico su quella triste vicenda” al fine di lasciare al figlio messaggi da tramandare e da far conoscere ad altri e alle generazioni future.

“L’incontro – ha detto Enzo Orlanducci, Presidente dell’Anrp – si inserisce nella serie delle numerose iniziative dell’Associazione sul fronte della ricerca, dell’approfondimento e della divulgazione storica”. “E’ importante recuperare la memoria di vicende esemplari come questa, e farle conoscere non solo agli studiosi, ma a un più vasto pubblico” ha sottolineato Michele Montagano, l’ultimo superstite dei 44 ufficiali del lager KZ di Unterlüss, in Germania, dove il 2 aprile 1945 conobbe personalmente Paolo Desana e altri cinque irriducibili dei 360.

Come ha spiegato la storica Elena Aga Rossi “negli ultimi anni si sono moltiplicate le pubblicazioni sugli Imi, ma nessuna esamina così chiaramente come questa la posizione di coloro che non solo dissero No alla Repubblica Sociale Italiana, ma rifiutarono fino alla fine anche il lavoro, per non collaborare in alcun modo alla produzione tedesca”. Di fatto, ha sottolineato la storica, a differenza di altre situazioni “alla determinazione di questi Imi corrisponde anche una durezza della repressione e una volontà di punirli dei tedeschi, proprio per reazione al loro atteggiamento, che non si è riscontrata in altri casi”.

“Il memoriale di Paolo Desana – ha sottolineato lo storico Brunello Mantelli – risalta prima di tutto la chiara comprensione di quale fosse l’interesse prioritario dei catturatori tedeschi: ovvero, servirsi degli Imi quale ultima riserva di manodopera disponibile allo scopo di tappare i buchi creati nel tessuto produttivo della Germania dall’arruolamento sempre più generalizzato dei maschi tedeschi nella Wehrmacht. Per questo motivo, il rifiuto dei 360 di Colonia ad essere impiegati in attività produttive, radicalizzato fino al limite dell’insopportabilità, sebbene mosso da istanze di natura prevalentemente etica e valoriale, si configura già all’epoca dei fatti come la forma più radicale di Resistenza e di lotta antinazista”.

Una Resistenza “di portata universale” e che assume “una specifica dimensione giuridica in quanto riflette e anticipa il senso giuridico più profondo del principio di dignità umana come elemento fondante della tutela internazionale dei diritti umani, a partire dal secondo dopoguerra – ha spiegato il giurista Nicola Colacino -. Il No! dei 360, reiterato fino alle estreme conseguenze, è una irriducibile testimonianza della supremazia del diritto sui soprusi della forza anche laddove non c’è alcun Tribunale a cui potersi rivolgere per ottenere giustizia. Una lezione giuridica rivolta al futuro dell’umanità”.

Da qui l’importanza dei racconti biografici dei testimoni e la centralità del significato delle narrazioni e della relazione tra “tempo dell’internamento” e “tempo del racconto” su cui ha riflettuto il sociologo Emilio Gardini, insieme alle forme di “violenza simbolica” esercitate dai tedeschi nei campi di lavoro, il cui fine è minare la consapevolezza del sé allentando i vincoli con lo status di militare.

Per il sociologo Fabrizio Battistelli la vicenda dei 360 Imi di Colonia “è particolare in quanto riguarda irriducibili oppositori di quel lavoro coatto cui i tedeschi sottoposero i militari italiani e altre categorie di deportati, ma nello stesso tempo è emblematica del regime di detenzione e sfruttamento del lavoro organizzato dalla Germania nazista con caparbietà teutonica e pignoleria militare nel corso della Seconda Guerra mondiale”. Di fronte alle violenze tedesche “ciò che tenne coesi i 360 nella loro Resistenza” per Battistelli “è la forza del gruppo dei pari, come suggeriscono studi sociologici sulla figura del soldato”.

Anche lo storico Lutz Klinkhammer ha ribadito la straordinarietà della vicenda dei 360 di Colonia sottolineando come “il documento elaborato da Desana, che nasce a metà degli anni Ottanta dal desiderio e dal bisogno dei reduci di Colonia di comunicare tra di loro e di condividere i ricordi di quella drammatica esperienza di internamento, promuove una nuova stagione di studi storici sul tema del lavoro coatto, che di fatto non esisteva nella storiografia”.

“E’ noto come tutti i reclusi aspirino al lavoro, dentro o fuori il carcere – ha detto la sociologa Enrica Tedeschi – in quanto il lavoro ha una funzione di riscatto, recupero identitario, ricostruzione della persona e del suo ruolo sociale. Nel caso degli Imi, invece, il dilemma del lavoro fu drammatico, e fu anche il prezzo pagato alla dignità e all’autostima. Per questo la vicenda dei 360 è straordinaria. Questi giovani ufficiali hanno rinunciato all’unica, fragile, possibilità di sopravvivenza entro le strutture del terrore e della sopraffazione che li tenevano imprigionati in nome della libertà e per coerenza al No! al nazifascismo”.
Ha moderato l’incontro lo storico Luciano Zani.

Il documento integrale elaborato da Paolo Desana, con gli interventi degli storici e degli esperti che hanno partecipato al dibattito, insieme alle riflessioni di altri studiosi tra cui le storiche Michela Ponzani e Isabella Insolvibile, il giornalista Vincenzo Grienti e lo storico Alessandro Ferioli, saranno raccolti in una pubblicazione.

 

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