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La Commissione mista di storici italo-tedesca, presentata sabato 28 marzo 2009, presso la Villa Vigoni a Loveno di Menaggio, fu istituita, fra i due Paesi che hanno ancora aperto un contenzioso sui risarcimenti per le stragi naziste, in occasione del Vertice bilaterale tenutosi a Trieste nel novembre 2008, con lo scopo di approfondire sul passato di guerra italo-tedesco e in particolare sugli Internati Militari Italiani, come contributo alla costruzione di una comune cultura della memoria.

La Commissione è composta da:Prof. Mariano Gabriele,Prof. Aldo Venturelli, Prof. Carlo Gentile, Prof. Paolo Pezzino, Dott. Valeria Silvestri, Prof. Wolfgang Schieder, Dott. Gabriele Hammermann, Dott. Lutz Klinkhammer, Dott. Thomas Schlemmer, Prof. Hans Woller.

Protagonista fu il Ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, che tenne il discorso ufficiale presso il monumento “La Risiera di San Sabba”.Il ministro però aveva precedentemente dichiarato che mai e poi mai il suo governo avrebbe pagato un euro di risarcimento ai familiari delle vittime delle stragi naziste in Italia e ai deportati, militari e civili, costretti al lavoro coatto. L’altro protagonista, il Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini che, nel giugno scorso in un’intervista alla Süddeutsche Zeitung, denunciava come “pericolosa” la sentenza della Cassazione che aveva confermato la competenza dei tribunali italiani a decidere sui risarcimenti chiesti dagli ex deportati.

Il principio della “immunità degli stati” viene in effetti messo in discussione dalla Cassazione, almeno in presenza di crimini contro l’umanità, che per la nostra massima Corte “segnano il punto di rottura dell’esercizio tollerabile della sovranità”.

Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, la sentenza della Cassazione mette a rischio “la sicurezza del diritto”, ma non il diritto delle vittime, bensì quello degli stati a non essere molestati a proposito dei loro crimini di guerra.

Il pensiero dominante è per i governanti “tanto prima o poi muoiono tutti” e “i contenziosi  saranno risolti brillantemente”.

La Germania, nel ricorrere alla Corte di Giustizia dell’Aia, avverso la sentenza della nostra Cassazione, conta sulla disponibilità dell’Italia. Al ministero degli esteri tedesco sono convinti che, “in linea di principio, il governo italiano la pensa come noi”.

Se il governo tedesco nega i risarcimenti, è però generosissimo con espressioni di rincrescimento che nulla costano. Nel suo discorso, Steinmeier parla una sola volta di ostaggi, una sola volta di partigiani, accenna due volte ai detenuti politici e due volte agli ebrei, ma nomina, ben cinque volte gli internati militari italiani. Per gli studiosi le vittime di San Sabba erano “in massima parte partigiani e ostaggi sloveni o croati, ma anche esponenti di primo piano della resistenza italiana, ebrei e semplici vittime civili catturate nei rastrellamenti”.

In una dichiarazione congiunta dei governi di Roma e Berlino, allegata al ricorso tedesco alla Corte dell’Aia per spiegare ai giudici che l’Italia “rispetta la decisione della Germania di chiedere un pronunciamento della Corte internazionale di Giustizia sul principio dell’immunità degli stati“, i due ministri degli esteri fanno presente che la visita di Steinmeier alla Risiera di

San Sabba “può essere considerata un gesto di grande valore morale e umanitario per rendere omaggio agli internati militari che furono detenuti in questo campo di transito prima della loro deportazione in Germania“.

I due ministri, nel loro slancio di “riparazione” solo retorica, ricordano gli internati militari nella Risiera di San Sabba – che nel settembre’43 era un provvisorio campo gestito dalla Wehrmacht come stalag 339, prima di funzionare come lager di polizia e KZ a disposizione delle SS dal 20 ottobre’43 – eppure il vero dramma degli IMI (i prigionieri italiani che il 20 settembre 1943 vennero classificati, illegalmente, internati militari senza tutela internazionale) non si consumò a San Sabba, ma nell’arcipelago dei lager nei territori del Terzo Reich.

Gli storici hanno giàfatto il loro lavoro sulla Seconda guerra mondiale. Sono i politici a non voler risolvere e concludere degnamente i termini dei risarcimenti e indennizzi.

Alla luce dei fatti è legittimo per gli ex internati aderenti all’ANRP “Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia e dall’Internamento, pensare che “L’unica orchestra intonata è quella tedesca, che sul leggio ha uno spartito chiaro e sul podio un direttore che sa dove condurre le prime parti, le seconde parti e le varie sezioni…” come scritto nel volume “Settembre 1943 – I giorni della vergogna”, di Marco Patricelli (edizioni Laterza) e che la costituzione della Commissione di storici sia, per gli “Schiavi di Hitler”, di pura consolazione e una cortina fumogena dietro cui nascondere il patto di immunità fra i due paesi.

A pensar male, come dice Andreotti, si fa peccato, ma talvolta ci si azzecca.

Il rischio che l’istituzione della Commissione venga usata dai due governi come alibi, potrà essere scongiurato solo se detta Commissione “vorrà e potrà” affrontare anche la storia recente degli indennizzi negati ai familiari delle vittime delle stragi naziste, nonché per il lavoro coatto dei deportati civili e degli internati militari “classificati” come lavoratori civili.

Sarebbe anche interessante se i governi e le banche dei due paesi aprissero i loro archivi per spiegare dove sono andati a finire i salari e i contributi assicurativi versati dopo l’accordo Hitler-Mussolini dell’agosto 1944, che spettavano anche ai militari italiani obbligati al lavoro dopo la loro ”smilitarizzazione” e”civilizzazione”.

Concludiamo questa nota con le considerazioni di Simon Wiesenthal, espresse con una lettera a Ricciotti Lazzero, presidente dell’Istituto storico di Como il 20 marzo 2000: “Io sostengo il punto di vista che una parte importante della realizzazione dei diritti umani sia il diritto di chiunque sia stato o sia costretto a lavorare per altri a ricevere l’adeguata ricompensa. Per il lavoratore coatto questo indennizzo deve essere dato da chi ha tratto profitto da lui”.

Nel comune orizzonte europeo, nel percorso di costruzione di una memoria fondata su valori condivisi, la responsabilità del sistema industriale e dalla società tedesca verso gli italiani costretti in cattività e sfruttati, non può essere occultata in nome della sovranità degli Stati.