A cura di Antonio Vincelli
Edizioni Mediascape
Dopo l’8 settembre 1943 furono circa 650.000 i militari italiani catturati dai tedeschi. Di questi circa 100.000 furono trattenuti nei Balcani e circa 550.000 furono deportati nei lager di Germania e Polonia. Questi militari, che i nazisti definirono “internati”, negando così loro la qualifica di prigionieri di guerra in quanto sudditi dell’alleata Repubblica di Salò, avrebbero potuto reputarsi traditi dal regime fascista, dalla monarchia, dal Governo Badoglio, dai loro comandanti che non avevano saputo reagire alla crisi successiva all’armistizio, avrebbero potuto quindi scendere a patti con i tedeschi.
Di fronte alla scelta tra una dura prigionia e l’adesione al nazi-fascismo che avrebbe significato il ritorno a casa o quantomeno un netto miglioramento delle loro condizioni di vita, la stragrande maggioranza di loro scelse la fedeltà alle istituzioni e rivendicò la dignità di uomini decidendo di rimanere dei lager.
Ebrei, oppositori politici, partigiani, semplici lavoratori e antifascisti furono circa 40.000 che pagarono con la vita la loro scelta di “libertà”. Solo il 10% di loro fece ritorno a casa.
A questi superstiti è stato affidato il dovere di far sì che i sacrifici dei loro compagni non venissero dimenticati. Essi dovranno essere i portavoce dello slogan “diamo un futuro alla memoria”.
Anche il Molise non fu escluso da questa tragedia. Le testimonianze offerte dai tre protagonisti del libro rappresentano attestazioni sconcertanti, oltre i limiti della umana comprensione, di quella che è stata definita la Storia della Deportazione.
Questa dei tre reduci molisani è un’attenta ricostruzione: una somma di documentazioni, dirette e indirette, precise e molto crude nella loro oggettività; sempre offerte con umiltà, non senza qualche reticenza, con tanta riservatezza.
Ai giovani, perché sappiano quanto costa la libertà